approfondimenti

PROPRIETÀ

La rinuncia al diritto di proprietà

Si può rinunciare alla proprietà?

È ormai prossima la decisione delle Sezioni Unite sull’ammissibilità della rinuncia alla proprietà.
Il tema è di particolare importanza, con implicazioni che vanno oltre la sfera privatistica per investire l’equilibrio tra proprietà privata e interessi collettivi.
In seguito al rinvio pregiudiziale del Tribunale dell’Aquila e di quello di Venezia, le Sezioni Unite stanno per prendere una decisione che farà storia.

1. La rinuncia alla proprietà: un istituto in cerca di fondamento

Il proprietario di un terreno o di un fabbricato può rinunciare al suo diritto di proprietà?
Se non può, dev’essere costretto a mantenere una proprietà che non desidera e sulla quale non riesce ad operare la dovuta manutenzione?
Chi risponde dei danni eventualmente provocati da quel bene?
Se, invece, può, chi ne diventa proprietario?
E chi sarà obbligato alla manutenzione dell’immobile?
Il codice civile non disciplina la rinuncia abdicativa, lasciando spazio a un confronto che contrappone autonomia negoziale e interessi collettivi. Mentre la dottrina tradizionale (Consiglio Nazionale del Notariato, 2014) l’ha ritenuta ammissibile in virtù della natura patrimoniale del diritto, un parere dell’Avvocatura di Stato ha rimarcato i rischi di abuso legati alla deresponsabilizzazione dei privati.
L’art. 827 cod. civ., che attribuisce allo Stato gli immobili vacanti, diviene il perno della controversia: se per alcuni realizzerebbe un meccanismo automatico di successione proprietaria, per altri imporrebbe limiti invalicabili alla disponibilità del demanio.
Le rare sentenze di merito (ad esempio, Tribunale di Firenze, n. 2564/2023) propendono per l’ammissibilità della rinuncia.

2. Il confronto dottrinale: nuove prospettive e criticità emergenti

Le posizioni favorevoli insistono sulla libertà contrattuale (art. 1322 cod. civ.), sottolineando come la rinuncia unilaterale – se provvista di causa lecita – rientri nei poteri del proprietario. Contro questa visione si sono levate obiezioni fondate sulla funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.): l’abdicazione determinerebbe conseguenze negative laddove l’immobile richiedesse costosi interventi di bonifica o sicurezza.
L’Avvocatura dello Stato ha introdotto un parametro di meritevolezza, richiedendo l’analisi concreta delle motivazioni del rinunciante e della compatibilità con l’interesse pubblico. Emblematici i casi di terreni inquinati o edifici a rischio idrogeologico, dove la rinuncia si configurerebbe come elusione di obblighi a carico della collettività.
Tuttavia, secondo l’opinione opposta, proprio in questi casi dovrebbe riemergere la funzione di protezione dello Stato, se il privato non ha la capacità economica di intervenire e il mantenimento della proprietà corre il rischio di creare un pericolo per la comunità.
Ed è proprio questo il caso seguito dallo Studio Garritano.

3. Verso le Sezioni Unite: profili di attesa e implicazioni sistemiche

La decisione delle Sezioni Unite dovrà sciogliere nodi interpretativi di portata storica:
• definire se e in quali limiti i giudici possano valutare la meritevolezza e la causa concreta dell’atto,
• chiarire la natura giuridica (successione a titolo originario o derivato) e le modalità operative della rinuncia,
• trovare il punto di equilibrio tra l’autonomia privata e i doveri di solidarietà economica e sociale (art. 2 Cost.).
L’esito avrà ripercussioni trasversali su diritto tributario, responsabilità amministrativa e disciplina espropriativa, segnando un punto di non ritorno nell’evoluzione del rapporto tra proprietà privata e interessi collettivi.
La comparazione con modelli di altri ordinamenti – dove la rinuncia è sottoposta a un “giudizio di convenienza” che valuta impatti sociali – potrebbe offrire spunti per una soluzione equilibrata.

Avv. Davide Garritano

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